Laleh Bakhtiar, traduttrice americana di origine iraniana convertitasi all’Islam in età adulta, si è rifiutata di tradurre un versetto del Corano (Sura IV, 34) in cui si invita a picchiare la moglie disobbediente. Il termine daraba secondo lei è stato finora tradotto erroneamente nelle versioni occidentali. Secondo il New Yok Times, esistono almeno 20 traduzioni inglesi del Corano e in tutte daraba è stato tradotto come battere, picchiare, fustigare, punire, colpire (ma anche accarezzare e sedurre). Questo mese uscirà la sua traduzione del Corano: e lei daraba l’ha tradotto con andarsene, ripescando un testo ottocentesco, l’Arabic-English Lexicon di Edward Willam Lane. Poteri di un traduttore. Eh sì, ogni lettore legge un libro diverso ma il traduttore è sempre e solo uno. Spesso misconosciuto, malpagato e trasparente. A meno di non conoscere cinque o sei lingue a menadito (ma a me basterebbe conoscerne bene almeno una o due), noi lettori siamo completamente in balia di questa figura letteraria che sta dietro ogni pagina che leggiamo. Che taglia, cuce e confeziona ogni parola scritta nel libro che abbiamo in mano. Perché ha scelto quel sinonimo e non un altro, perché ha preferito quell’aggettivo, perché ha utilizzato quel verbo? E la differenza c’è. Prendiamo per esempio l’inizio della poesia di Baudelaire Il Veleno nei Fiori del Male.
Questa è la traduzione di Luigi De Nardis:
“Il vino la più sordida stamberga sa rivestire di un miracoloso lusso e crea favolosi porticati dentro l’oro del suo vapore rosso come un tramonto in un cielo annuvolato”.
E questa è la traduzione di Luciana Frezza:
“Il vino sa rivestire gli antri più sordidi d’un lusso miracoloso, e innalzare una fila di favolosi portici nell’oro del suo vapore rosso come un sole al tramonto in un cielo nuvoloso”.
Ora, al di là di quella che vi piace di più, l’utilizzo di una parola diversa o l’inversione delle parole cambia l’effetto no? Così come vi sarà capitato di notare una traduzione scadente o una più datata… Insomma, a me piacerebbe saperne di più sui traduttori, chi sono, perché hanno deciso di lavorare su quel libro e quali scelte hanno operato in fase di traduzione. O forse esagero? Per ora, a meno che non si tratti di un nome altisonante (e quindi abbia la possibilità di scrivere una prefazione, una nota, un commento al testo) per noi rimarrà solo un nome scritto sotto il titolo. Ed è come nella fine del film di Sofia Coppola: cosa sussurra Bill Murray all’orecchio di Scarlett Johansson nella scena finale? Non lo sapremo mai. Possiamo solo, come fa lei, fidarci di quello che le è stato detto e sorridere.
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