Ci sono momenti della vita in cui è giusto prendersi le proprie responsabilità. Ho deciso quindi di confessarvi che ho passato l’intera domenica divorando Il meglio della vita di Rona Jaffe, pubblicato da Neri Pozza. Con la scusa di dare solo un’occhiata, anche perché consta di ben 554 pagine, ho cominciato con la postfazione molto bella di Daniela Pagani che mi ha subito convinto a cominciare la lettura. Non l’avessi mai fatto! Come è successo alle segretarie che batterono a macchina il libro a capitoli e chiamavano l’autrice per sapere come andava a finire la storia di Caroline, April, Gregg, Barbara e Mary Agnes, anch’io non potevo fare nulla prima di sapere cosa sarebbe successo a queste promettenti ragazze nella New York anni ’50. Sono consapevole che non sto parlando di Dickens o Jane Austin, ma quanto raramente succede che la lettura ti impedisca di fare qualsiasi altra cosa? Oltretutto pensate che l’autrice l’ha scritto a 26 anni. Se penso agli autori giovani italiani mi viene da ridere. Era molto tempo che non mi succedeva questo trasporto da soap opera. Perché in realtà è anche a questo genere che si avvicina il romanzo anche se le storie delle giovani protagoniste sono molto credibili e la scrittura coinvolgente e mai piatta.
E a voi quando è successo di essere così incatenati a un libro da non poter fare altro?
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