Ferdydurke di Witold Gombrowicz al gruppo di lettura “Grandi libri”

Solo Gombrowicz spiega Gombrowicz. Il 19/11 in Sormani a Milano e il 20 su Zoom. Ecco come partecipare

Ricordo che mercoledì 19 e giovedì 20 novembre il gruppo di lettura Grandi libri discuterà di Ferdydurke (1937) di Witold Gombrowicz.
Mercoledì 19 saremo alla Biblioteca Sormani di Milano, alle 20:45. L’incontro come sempre è aperto a tutti, anche a chi non ha letto il libro.
Giovedì 20 saremo invece online su Zoom. In questo caso servono le credenziali che potete trovare qui.

Qualsiasi cosa si senta e legga in giro su Ferdydurke, sarà ampiamente superata dalla lettura che – non credete alle malelingue – è davvero spassosa e, d’altra parte, non si presta all’idea dell’«adesso vi spiego il libro».
Solo Gombrowicz spiega Gombrowicz.

Comunque, se volete qualche idea su questo scrittore, questo articolo aiuta. Qui invece (Nazione Indiana) c’è uno scritto di Giuseppe Montesano che tra l’altro dice:

«Tutto Ferdydurke è un calcio nel sedere del Sublime sbandierato dall’Arte, una rivolta del basso e dell’informe contro la presunta nobiltà, contro ciò che è sclerotizzato dalla forma. Ma ecco che sono caduto nella trappola-Gombrowicz: quello che sto cercando di descrivere sembra un’opera filosofica, ma non lo è: è la parodia di un’opera filosofica, è quell’ibrido mostruoso a cui il romanzo moderno è costretto a fare affidamento: la farsa che fa piangere, la tragedia che fa ridere. I romanzi di Gombrowicz non raccontano la realtà: raccontare la realtà senza resistenze vuol dire solo soggiacere ad essa, ripetere la sua apparente profondità o banalità, descrivere. Gombrowicz sta al centro di questo problema in cui sono immersi tutti quelli che scrivono oggi: parlare della Realtà ma senza arrendersi alla sua evidenza ricattatoria. Se tutto quello che si può scrivere è intaccato dalla malattia della falsificazione o dalla presunzione di poeticità, allora bisogna parodiare tutte le forme in cui ci esprimiamo: oggi fare i buffoni è l’unico modo per restare seri. La comicità di Gombrowicz è profondamente tradizionale, non rinuncia alla danza carnevalesca di Aristofane o di Rabelais, ma non si nega alla cretineria apocalittica dell’operetta o al picaresco demente del film muto. Allora le randellate e le fughe rovinose, le “torte in faccia” e i doppisensi osceni invadono la pagina: la degradazione di ogni altezza è continua, l’astrazione finisce a testa sotto, e il sublime viene palpeggiato sotto le gonne: in Ferdydurke, proprio come in una comica del muto, a un certo punto scoppia un pestaggio generale tra padroni e servitori, signori anziani spaccano vetri e sputano sui passanti; e due illustri filosofi ormai ritornati bambini, ammazzano in un grottesco duello le rispettive mogli. Se il comico vive del senso di superiorità dello scrittore sui suoi eroi-vittime, Gombrowicz rovescia anche questo: l’immaturità deficiente, il rimbambinimento demenziale, il farsela sotto del pensiero di fronte al corpo assaltano l’autore stesso: così l’idea satirica va in frantumi, il comico esce dai suoi panni e persino la cosa più profonda, l’eros, perde la testa sotto la mannaia della parodia.»

***

Commenti

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Scopri di più da GRUPPO DI LETTURA

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere