Lolita, il grande romanzo di Vladimir Nabokov, compie settant’anni. Scritto in inglese, uscì nel settembre del 1955 a Parigi. Dieci anni più tardi Nabokov lo tradusse in russo.
La Repubblica il 16 settembre ha pubblicato un’intervista alla scrittrice iraniana Azar Nafisi, che oltre vent’anni fa scrisse Leggere Lolita a Teheran, romanzo/memoir sull’esperienza di insegnamento (clandestino) di letteratura a un gruppo di studentesse nella capitale iraniana (insegnamento che diventa, via via, un vero gruppo di lettura).
Nell’intervista Nafisi sostiene che oggi Nabokov non riuscirebbe a trovare un editore.
Incollo qui sotto alcuni dei passaggi più interessanti delle risposte di Nafisi, (la prima e la seconda sono davvero centrali per chi si occupa di lettura). Aggiungo solo che troppo spesso quando leggiamo ci dimentichiamo che il narratore è certamente a tutti gli effetti una creazione dell’autore; ma che l’autore non necessariamente si identifica con il narratore che ha creato; che l’autore usa una specie di alter ego, l’autore implicito, per definire la sua visione del mondo in una certa opera e che il narratore definito dall’autore implicito può essere un personaggio insieme disgustoso e talentuoso. Insomma un’opera d’arte è una faccenda maledettamente complessa. E certo pensare che Nabokov fosse un pedofilo mascherato perché ha scritto Lolita è una vera stronzata.
Dice Nafisi:
«Oggi la maggior parte delle persone, anche quelle che lavorano nel campo accademico o delle arti, confonde realtà e finzione. Non capiscono che il ruolo della finzione è quello di rivelare la verità. E la verità è sempre pericolosa».
«L’atmosfera politicizzata in cui viviamo antepone i pregiudizi ai meriti di un’opera d’arte. La gente cerca un modo per stare comoda, vuole avere una formula da applicare a tutto. Sempre più persone si isolano da quello che è diverso da loro. Ma la letteratura fa appello non alle posizioni politiche che prendiamo, ma a che tipo di esseri umani siamo».
«Nabokov ci dice che i mostri possono presentarsi sotto le sembianze di poeti, di persone comuni. Cosa fa quando presenta un mostro come Humbert? Gli dà talento, lo rende seducente. Quando sono tornata in Iran i religiosi, i cosiddetti uomini di Dio, violentavano le donne nelle prigioni. Quindi certo che Lolita è disturbante, certo che è inquietante, certo che ci turba. Ma chi dice che Nabokov lo ha scritto perché è un pedofilo semplicemente non lo ha letto».
Lolita torna da Humbert perché non ha nessun altro posto dove andare.
«Questo è il cuore del libro, la sua essenza. Un passaggio che mi commuove sempre, come quando il preside consegna ad Humbert la relazione su Lolita elencando tutto quello che aveva fatto e lei sospira e Nabokov continua a dire che sospira molto: solo un grande scrittore può trasformare questa frase molto semplice in un’esperienza, in una sensazione».
Chi è Lolita oggi?
«Tutti quelli che vivono senza una prospettiva, senza una voce».
Azar Nafisi: “Amica Lolita, simbolo delle donne senza voce, oggi non saresti mai nata”, La Repubblica, 17 settembre 2025


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