I libri della settimana, 6 settembre 2023

Novità, scoperte ingenue e riscoperte. In questo numero: un romanzo radicale e misterioso, amori tossici, Joyce e Svevo, la voce degli umani e il rapporto controverso fra tecnologia e progresso

I numeri precedenti: 2 agosto,  9 agosto16 agosto23 agosto, 30 agosto

B. Traven, La Nave Morta, WoM edizioni, 2023 (1926)
Uno scrittore misterioso (che si firmava con la B. senza rivelare il nome di battesimo) diventato uno scrittore di culto, nato nel 1882 in Polonia e morto a Città del Messico nel 1962, anche se sullo sua vera identità sono state formulate molte ipotesi diverse.
Così il romanzo, tradotto da Matteo Pinna, secondo l’editore: «Durante una sosta nel porto di Anversa, il marinaio americano Gerard Gale perde la sua nave e rimane sprovvisto di tutto, compresi i documenti, ritrovandosi incastrato negli ingranaggi infernali della burocrazia. Da un giorno all’altro diviene un vagabondo, un clandestino metafisico espulso da una frontiera all’altra. Per sua grande sfortuna, riesce a salire a bordo di una nave da carico… che si rivelerà essere una nave fantasma.»
Da un altro romanzo di Traven, Il tesoro della Sierra Madre (1927) è stato tratto da John Huston un famosissimo film (1948) con Humphrey Bogart e Tim Holt.

Laura Pigozzi, Amori tossici. Alle radici delle dipendenze affettive, in coppia e in famiglia, Rizzoli 2023
«Questo libro – spiega la quarta –  parla di invasioni nei confini delle relazioni che viviamo in famiglia e fuori. Parla di mariti, amanti, ma anche amici, colleghi, superiori e soprattutto madri che in nome dell’amore assoluto impediscono il necessario e vitale processo di separazione dei figli. Parla di ghosting, serial lover e gaslighter. Parla di quei legami che diventano predatori, che ci tolgono spazio, che ci depotenziano, che ci fanno male. Ma per capire come l’amore può ribaltarsi in odio è importante guardare indietro.» 
Su Doppiozero, Anna Stefi ha scritto a proposito di questo libro: «Provare a mettere delle parole è mediare, differire, entrare in una dialettica, uscire dal campo chiuso familiare e dal suo lessico privato: non stupisce che tutta questa difficoltà appartenga a un tempo dove si vuole la soluzione, il medicinale che guarisca, la risposta senza compromesso né perdita; un tempo in cui il lessico familiare di cura e accudimento travalica i confini delle mura domestiche e invade la scuola, chiamata più a proteggere che a rappresentare l’inedito, a proporre un sapere già digerito più che il trauma del nuovo.»

Enrico Terrinoni, La vita dell’altro. Svevo, Joyce: un’amicizia geniale, Bompiani, 2023. 
Terrinoni, appassionato traduttore di Joyce, continua le incursioni nell’universo dello scrittore dell’Ulisse.
Scrive l’editore: «La vita dell’altro è una storia non ancora raccontata, che mostra l’esistenza tra questi due mostri sacri del Novecento di un rapporto assai profondo, di un’affinità elettiva ma anche di una voglia di sostenersi a vicenda e guardarsi negli occhi per riconoscersi. Questa storia minima di due grandi racconta tramite eventi, resoconti, impressioni, incroci e simultaneità come le opere e le esistenze di Svevo e Joyce continuano a scrutarci oscuramente dal passato, con occhi attenti e divertiti, fissi sui nostri futuri.»

Giorgio Agamben, La voce umana, Quodlibet, 2023, 104 pp.

Il grande filosofo si occupa della “voce articolata”, quella che distingue gli umani dagli animali che usano invece una “voce confusa”. «Il libro ricostruisce il senso e le modalità di questa “articolazione” della voce, interrogando la funzione che in essa ha svolto l’invenzione della scrittura e revocando innanzitutto in questione il rapporto fra voce e linguaggio, fra il nome e il discorso, fra chiamare e significare. Situare il linguaggio nella voce significa, infatti, articolare insieme non soltanto il suono e il senso, ma anche il vivente e il parlante, il corpo e la mente, la natura e la storia. La riflessione sulla voce è allora inseparabile da una riflessione sulla natura umana e costituisce in questo senso un problema essenzialmente politico, perché in esso ne va ogni volta della decisione di ciò che è umano e di ciò che non lo è.»

Daron Acemoglu, Simon Johnson, Power and Progress: Our Thousand-Year Struggle over Technology and Prosperity, Basic Books 
I due autori, ha scritto Sebastiano Maffettone sul Sole 24 Ore in una recensione significativamente intitolata Il progresso si fa con la politica non con la tecnologia «smontano il mito secondo cui l’innovazione da sola fa avanzare il mondo: il tecno-ottimismo non ha riscontri e vanno invece rafforzati i poteri alternativi e nuove narrazioni rispetto a quelle dominanti».
Scrive ancora Maffettone: «secondo gli autori, la storia degli ultimi mille anni di sviluppo economico dell’umanità mostra in maniera inequivoca che “la prosperità in senso lato non è mai stata il risultato di vantaggi automatici e garantiti dovuti al progresso tecnologico…”. Piuttosto, l’indubbia evidenza che oggi nella media gli umani stanno meglio di prima è dovuta al fatto che i nostri predecessori nelle società industriali “hanno sfidato le scelte delle élite in materia di condizioni del lavoro e tecnologia”.»

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