Mi piace parlare di un libro quando l’ho iniziato da poco: ci sono le aspettative suscitate dalle prime pagine, le suggestioni e le previsioni sui personaggi, le impressioni sullo stile dell’autore. La storia appena accennata, ancora così aperta.
Roba che ti fa venire voglia di raccontare cose al vicino di sedia in tram o, al semaforo, alla signora aggressiva avvinghiata al volante del Suv grigio “canna di fucile”, che magari qualche parola le addolcirebbe pure la giornata battagliera che l’attende.
Ieri sera ho cominciato La breve favolosa vita di Oscar Wao , di Junot Díaz (ha appena vinto il Pulitzer).
Oscar Wao, come l’autore, è un dominicano emigrato nel New Jersey, e la sua storia e quella della sua famiglia deve fare i conti con il fukú – una specie di sfiga specifica e particolare antillana.
Beh, l’inizio è avvolgente, Oscar ha avuto successo con le donne solo da piccolo, a sette anni aveva due fidanzate; poi, si capisce da alcuni accenni, grandi, grandi difficoltà, che si sommano alle altre che avrà. E per un dominicano avere sfortuna con le donne è una roba di cui vergognarsi di brutto, circondato da macho di ogni tipo e da donne che pretendono.
La madre, convinta (illusa) che tanto di donne Oscar ne avrebbe avuto un sacco anche da grande, alla prima delusione a sette anni – dovuta al fatto che una delle due fidanzate gli dice “o lei o me” – lo scuote, non sapendo che quello sarà il momento di gloria di Oscar in fatto di amori.
Quando Oscar piagnucolò “ragazze”, per poco Mamma de León non esplose. Tú ta llorando por una muchacha? Lo rimise in piedi tirandolo per un orecchio. Mami, smettila, gridò la sorella di Oscar, smettila!
Lo scaraventò a terra. Dale un galletazo, ansimò, e poi vediamo se la piccola puta ti rispetta.
Oscar diventerà, in compenso, comunque, super appassionato di fantascienza: fumetti, romanzi, cinema e serie televisive.
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