I Saggi di Michel de Montaigne e i libri da comodino

Montaigne

Ogni lettore lo sa: ci sono libri e libri. Alcuni vanno di fretta, si leggono, non lasciano il segno e si dimenticano velocemente. Altri hanno un respiro lento e profondo, lasciano tracce indelebili, suscitano emozioni, curiosità, associazioni e sensazioni che non sbiadiscono. Diventano insomma una delle tante lenti di ingrandimento che utilizziamo per decifrare la realtà e quello che ci accade. Come madeleine appena sfornate (chi mai si può citare se si parla di ricordi?), si installano nei gangli della memoria e lì rimangono latenti, pronti a raccontare la loro storia in modo nuovo (perché noi cambiamo continuamente) se vogliamo riprenderli in mano. Ognuno di noi ne ha una lista. Sono quelli che chiamo i libri da comodino (i livres de chevet, mi ha fatto giustamente notare un acuto lettore). Devono essere a portata di mano. Magari non li tocco per anni ma sapere che sono lì mi tranquillizza. Ne cito uno solo: i Saggi di Michel de Montaigne. Non posso entrare nel merito del contenuto perché è come consigliare di leggere La Divina Commedia o I Promessi Sposi, è ovvio che parliamo di capolavori. Baderò alla forma invece, perché diventa sostanza. I Saggi sono divisi in brevi capitoletti, se ne può leggere uno a sera (in 5/10 minuti), tra un libro e l’altro o durante un momento faticoso del libro in corso. Come una doccia calda, un cioccolatino, un brano musicale, un bel quadro, un messaggio che aspettavate. Provate. Qui sotto, riporto l’incipit della sua dedica al lettore, perché allora (20 anni fa, credo) è stata la scintilla che mi ha invogliato a comprarli e leggerli.

Questo, lettore, è un libro sincero. Ti avverte fin dall’inizio che non mi sono proposto con esso alcun fine, se non domestico e privato. Non ho tenuto in alcuna considerazione né il tuo vantaggio né la mia gloria. Le mie forze non sono sufficienti per un tale proposito. L’ho dedicato alla privata utilità dei miei parenti e amici affinché dopo avermi perduto (come toccherà loro ben presto) possano ritrovarvi alcuni tratti delle mie qualità e dei miei umori  e con questo mezzo nutrano più intera e viva la conoscenza che hanno avuto di me.

Se poi volete parlarmi dei libri che tenete sul vostro di comodino, io sono qui.

 

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Commenti

5 risposte a “I Saggi di Michel de Montaigne e i libri da comodino”

  1. Avatar Pierfranco Minsenti

    E dire che Montaigne ai suoi tempi era mezzo lusingato mezzo irritato perché i suoi “Essais” invece di diventare livres de chevet erano diventati per le lettrici colte dei “coffee table books”. Lo dice nel capitolo 5 del volume III: «Je m’ennuie que mes essais servent les dames de meuble commun seulement, et de meuble de salle. Ce chapitre me fera du cabinet. J’ayme leur commerce un peu privé. Le publique est sans faveur et saveur».
    Essais, III, Chapitre 5. “Sur des vers de Virgile” https://fr.wikisource.org/wiki/Essais/Livre_III/Chapitre_5

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  2. Avatar theleeshore
    theleeshore

    Montaigne oggi sarebbe molto contento di sapere di aver aggiunto entrambi gli obiettivi. I Saggi sono diventati un vero e proprio livre de chevet nei secoli, una lettura intima e privata, che meglio si addice a un comodino che a un salotto chiassoso. Tuttavia, la sua conclusione sulla fama (che pur cerca, come ogni autore) è preziosa. Grazie Pierfrancesco, vado a rileggere!

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  3. Avatar theleeshore
    theleeshore

    Volevo anche far notare a Pierfrancesco (e a tutti) quanto ciò che Montaigne afferma nel capitolo 5 citato sopra sembri in contraddizione con la dedica al lettore, che punta proprio a quel colloquio confidenziale con chi lo leggerà. Mentre qui sottolinea la dimensione privata dei Saggi, là ne denuncia il limite in quanto opera da salotto delle signore perbene (ma senza crederci troppo in fondo). Montaigne conosceva il valore e l’ampiezza della sua opera. Dunque, quella captatio benevolentiae della dedica è solo un modo affettuoso per schermirsi. Parafrasando Umberto Eco, come il Manzoni si rivolge ai suoi 25 lettori (ma 25 milioni ne voleva), così Montaigne avverte il lettore che gli Essais siano per pochi intimi. Così intimi da essere diventato una pietra miliare della cultura occidentale.

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  4. Avatar Pierfranco Minsenti

    Per capire la differenza tra quello che Montaigne scrive nella Dedica e quello che scrive nel capitolo 5 del Libro III bisogna tenere conto di questo: la scrittura degli “Essais” si è protratta per 20 anni ed è stata interrotta solo dalla morte dell’autore. La pubblicazione è stata scalare nel tempo, grazie a più edizioni via via arricchite da importanti e consistenti aggiunte. Nel 1580 Montaigne pubblica la prima edizione che corrispondei ai primi due volumi. Continua a lavorarci e nel 1588 esce l’edizione accresciuta con il 3° libro. La dedica “Au lecteur” è stata scritta al momento dell’uscita della prima edizione del 1580, quindi riflette l’idea che il suo autore aveva degli “Essais” a quella data. Invece il capitolo 5 del libro 3 “Sur des vers de Virgile” appartiene all’ultima fase, quando Montaigne è ancora in vita ed è già diventato famoso per cui assiste alla ricezione del suo libro. È in questa fase quindi che Montaigne può constatare la differenza tra la sua intenzione originale, riflessa nella dedica (l’opera pensata come un dialogo intimo con il lettore) è quello che è diventata: un’opera con una sua vita e risonanza “sociale” e come tale esibita sui tavolini da salotto delle lettrici. Gli “Essais”, per il lungo tempo che hanno richiesto la loro stesura, riflettono anche un cambiamento delle intenzioni dell’autore, un’evoluzione. Lo nota anche il lettore comune: i primi essais sono più brevi e meno personali, Quelli del 3° libro sono molto più originali e lunghi, più personali, anche più belli. Queste differenze nella evoluzione degli “Essais” sono sottolineate per es. da uno dei più importanti curatori francesi, Pierre Villey, nella sua edizione per Presses Universitaires de France.

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  5. Avatar theleeshore
    theleeshore

    Grazie per il raffinatissimo commento ricco di spunti interessanti. E teniamo anche conto che la dedica al lettore è uno standard in sé. Quindi, in qualche modo di maniera. Su tutto il resto, sono assolutamente d’accordo. Ribadisco quanto sia entusiasmante scrivere qui: si lancia un’idea e da lì nascono suggerimenti e approfondimenti preziosi. Grazie Pierfrancesco.

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