Il protagonista di questo breve racconto di Buzzati si chiama Stefano Roi. È un uomo dannato. Non da un amore, una dipendenza, un obiettivo che vuole raggiungere con ostinazione. È semplicemente un predestinato all’infelicità, come tanti. Il perché glielo spiega suo padre, quando all’età di 12 anni, decide per la prima volta di portarlo per mare. All’insistenza del figlio che intravede una macchia scura sulla scia di poppa, con la premura di un genitore preoccupato, prende il cannocchiale e guarda la superficie dell’acqua:
“Oh, non ti avessi mai ascoltato” esclamò il capitano. “Io adesso temo per te. Quella cosa che tu vedi spuntare dalle acque e che ci segue, non è una cosa. Quello è un colombre. È il pesce che i marinai sopra tutti temono, in ogni mare del mondo. È uno squalo tremendo e misterioso, più astuto dell’uomo. Per motivi che nessuno saprà mai, sceglie la sua vittima, e quando l’ha scelta la insegue per anni e anni, per l’intera vita, finché non è riuscito a divorarla. E lo strano è questo: che nessuno riesce a scorgerlo se non la vittima stessa e le persone del suo stesso sangue”.
E così Stefano, con quella profezia funesta, viene rispedito a terra. E mandato a studiare in terre sperdute, a centinaia di chilometri dal mare, per allontanarlo dal mostro che l’aveva scelto. Ma ogni volta che il ragazzo torna per le vacanze e si avvicina alla riva, ecco che il suo incubo si palesa sulla linea dell’orizzonte.
A distanza di due-trecento metri dal molo, il sinistro pesce andava su e giù, lentamente, ogni tanto sollevando il muso dall’acqua e volgendolo a terra, quasi che con ansia guardasse se Stefano Roi finalmente veniva. Così, l’idea di quella creatura nemica che lo aspettava giorno e notte divenne per lui una segreta ossessione.
E ovviamente, come vale per molti, non gli bastano le soddisfazioni di una vita laboriosa, agiata e tranquilla perché “più grande è l’attrazione dell’abisso”. E così decide di tornare per mare, diventa un armatore ma “i successi, e i milioni, non servivano a togliergli dall’animo quel continuo assillo”. E perciò naviga, naviga, naviga senza sosta per tutta la vita, seguito dal suo tormento, “che ha l’inesorabile ostinazione che hanno gli strumenti del fato”.
Ma perché lo fa? Perché Stefano Roi non riesce a godersi la vita? Ha tutto. Potere, successo e soldi con cui ottenere quello che vuole. Lo fa perché il dolore è più seducente dell’amore. Ed è più misterioso e tenace. Cambia forma e foggia nell’arco degli anni (delusioni, lutti, separazioni, distacchi non ne scalfiscono il fascino): come il Colombre, rimane fedele, leale e perfino rassicurante. And therein lies the rub, qui sta l’intoppo, direbbe il grande bardo. Perché chi se la sente di correre incontro alla propria ossessione per guardare di che sostanza è fatta? Chi è capace di andare davanti al mostro per vedere cosa succede? Stefano Roi questo coraggio lo trova alla fine del racconto e si pente di non averlo fatto prima. Il perché lo leggerete voi. Io posso solo dirvi che ho ripreso il largo e il mio orizzonte adesso è libero. Finalmente posso allungare lo sguardo. Con il mio nickname potevo forse fare altro? 😉
Il Colombre di Dino Buzzati, La boutique del mistero, Mondadori.
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