
di luiginter| Ho avvicinato e letto la biografia di Michel de Montaigne scritta da Sarah Bakewell (@Sarah_Bakewell su Twitter), L’arte di vivere, Fazi (originale: How to live, Vintage), grazie a Nick Hornby e alla sua rubrica su The Believer, tradotta da Internazionale qualche mese fa.
Senza un consiglio così convincente non sarei mai entrato in questo libro che poi mi ha deliziato, e dentro al quale ci sono parecchie idee e spunti di interpretazione per apprezzare Montaigne, scrittore-filosofo del XVI secolo, che sembra perfettamente adatto al XXI secolo.
Sappiamo che alcuni incontri con certi libri dipendono dalla fortuna di incrociare circostanze e umori giusti, interessi particolari del periodo. In questo caso le combinazioni erano dunque favorevoli.
How to live (mi è toccata la lettura in inglese perché allora, in gennaio, ancora non era stata pubblicata da Fazi la traduzione) è diventato per me uno di quelli che definisco libri di snodo, quelli che oltre a essere di lettura piacevole e ricca, sono di avvio ad altre letture forti.
Provo a sintetizzare alcuni punti a favore di L’arte di vivere.
1) Scoprire (o riscoprire) Montaigne (1533-1592), gran personaggio del suo tempo oltre che gran pensatore e grande scrittore. I suoi Essais sono un’opera unica che ha avviato un genere letterario-filosofico, il saggio-personale, che unisce originalità di pensiero, introspezione, attenzione a dettagli della vita quotidiana fondamentali per la vita delle donne e degli uomini; e nello stesso tempo gli Essais ci fanno intuire, sullo sfondo, quel che fu il terribile e grandioso XVI secolo francese anche se raramente Montaigne se ne occupa direttamente.
Vita interiore e pensieri sul mondo, con uno stile che ha la sua forza proprio nel dettaglio che diventa digressione, che non teme di contraddirsi, che preferisce sempre la specificità alle generalizzazioni, che entra nel merito di questioni molto personali, per esempio il sesso o le funzioni corporali. Che sa riconoscere ed espone il proprio sé, complesso e diviso. Insomma un pensiero e un’attitudine ad analizzare il mondo, capaci di aiutarci, in questo XXI secolo.
Chi ha amato gli Essais di Montaigne (per esempio Virginia Woolf, André Gide, Stefan Zweig, Gustave Flaubert, oltre all’infinita lista di lettori anonimi), fra le diverse osservazioni che lascia ne lascia una che ha quasi sempre in comune con tutti gli altri lettori: “Ma come faceva a sapere così tanto di me?“.
Insomma, uno dei prossimi passaggi sarà cominciare a leggere direttamente gli Essais (Adelphi e Mondadori avevano in catalogo delle edizioni ormai out of print; dovrebbe arrivarne una di Bompiani; nelle biblioteche comunque gli Essais si trovano).
2) Apprezzare un tipo di scrittura biografica (quella di Sarah Bakewell) che prova a restituirci il protagonista tenendo insieme il pensiero e i fatti della sua vita, raccontati e organizzati attorno all’idea della filosofia come pratica quotidiana di aiuto “terapeutico” a una vita migliore.
Pratica che Montaigne aveva appreso soprattutto dai suo amatissimi filosofi ellenistici. (La modernità della concezione terapeutica della filosofia è stata rilanciata anche da filosofi contemporanei cone Martha Nussbaum e Philippe Hadot).
L’arte di vivere è infatti organizzato attorno a una domanda (Come vivere?, appunto) e venti risposte che sintetizzano le risposte che Montaigne si è dato nei suoi saggi, collocate però da Sarah Bakewell nel contesto di alcuni momenti decisivi della sua esistenza e in quello dei grandi eventi della storia, in quel secolo terribile in cui la Francia venne lacerata dalle guerre civili, frutto delle divisioni religiose successive alla Riforma.
Per esempio, Sarah Bakewell ci aiuta a camminare dentro le risposte di Montaigne relative alla paura della morte e a come accettarla e provare a conviverci: Montaigne soffriva di terribili calcoli renali; ebbe un incidente a cavallo che gli fece provare la sensazione della morte imminente e perse per malattia improvvisa in giovane età il suo grande amico Étienne de La Boétie, autore del libello De la Servitude volontaire.
Molte pagine di questo L’arte di vivere sono anche dedicate al particolare scetticismo di Montaigne, al suo equilibrio e all’ambivalenza fra l’essere un cattolico fervente e (apparentemente) convinto e la sua attitudine a mettere tutto in discussione, a dubitare di tutto, anche della ragione e dell’evidenza, un vero fan di Pirrone.
Un altro aspetto decisivo del pensiero di Montaigne riguarda la sua abilità nell’ assumere punti di vista differenti su un argomento. Anche i punti di vista più sorprendenti, per esempio quelli degli animali, in uno sforzo di identificazione e di immaginazione capace di creare il mondo interno di un cane o un gatto.
Sarah Bakewell è comunque molto attenta anche allo stile di scrittura di Montaigne: uno scrittore dallo stile “rivoluzionario”, che lasciava che la sua penna seguisse i ritmi naturali della conversazione invece che le linee formali di costruzione del discorso. Uno scrittore a uso modo, “manierista”. Spesso ometteva le connessioni, saltava dei passagi nei ragionamenti, lasciava alcune idee allo stato grezzo e ne approfondiva solo un aspetto. Affrontava i temi con un taglio obliquo.
3) L’arte di vivere aiuta e abitua alla lettura lenta, reiterata, ripetuta, abbandonata per po’ e poi ripresa. La lettura che si arresta volentieri per leggere le note e per cercare di capire e magari leggere anche gli autori citati nelle note.
La lettura che non disdegna le possibili deviazioni verso altre letture, anche se si tratta di interrompere la lettura dalla quale si è partiti.
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