“In viaggio su una gamba sola”: le vite slegate (e gli echi pavesiani) di Herta Müller

In attesa che Feltrinelli, vincitore a Francoforte della gara sui diritti di traduzione delle opere di Herta Müller, premio Nobel 2009 per la Letteratura, completi la traduzione di tutte le sue opere, si può cominciare la conoscenza di questa scrittrice con i testi già tradotti e presenti o in commercio o nelle biblioteche: Bassure, Editori Riuniti; In viaggio su una gamba sola, Marsilio; e Il paese delle prugne verdi, Keller Editore.

Herta, chi? Hanno titolato anche giornali tedeschi, per sottolineare una scarsa diffusione delle opere della scrittrice, nata in Romania ma di famiglia tedesca e approdata nella Germania ovest nel 1987, come rifugiata politica. Per questo, se non vi fosse stato il Nobel, inatteso e inaspettato come sempre, forse la sua conoscenza sarebbe stata evitata o trascurata.

“ In viaggio su una gamba sola”, pubblicato da Marsilio nel 1992, racconta di una donna, Irene, nel periodo in cui abbandona il “Paese del dittatore” per andare nell’ “altro Paese”.
E’ un estate slegata quella in cui Irene se ne va, così come lo è stata e lo sarà la sua vita anche nel nuovo Paese.
Slegata nel doppio senso di “senza legami” e “senza un tessuto connettivo” che dia significato ai momenti sparsi delle sua esistenza.

Prima di partire ha conosciuto Franz, che abita a Marburg ma che non andrà ad accoglierla all’ aereoporto, preferendo inviare un amico, Stefan, grazie al quale conoscerà in seguito Thomas.
La sua vita slegata, in attesa della concessione della cittadinanza, si dipana non in una narrazione, ma in una rappresentazione. Come se la narrazione non fosse congeniale ad una vita schiacciata nel vuoto dell’ immanenza, Helga Müller privilegia una scrittura che racconta prevalentemente attraverso l’ osservazione dei momenti della vita di Irene.

“ In momenti del genere Irene capiva che la sua vita si era rappresa in un fascio di osservazioni. Le osservazioni la rendevano incapace di agire” (pag. 142)
Così, in una continua e incessante ricerca dei corrispettivi oggettivi (forse solo per caso un corrispettivo oggettivo ricorrente è la montaliana foglia accartocciata) seguiamo- non senza un certo impegno- la sua vicenda.

La seguiamo nello squallore delle sere buie e degli uomini che si masturbano; o nei negozi con merce a basso prezzo; o nelle innumerevoli scene che rendono il senso di estraneità (il bambino che aspetta il treno con la madre e la vecchia che lo guarda con odio; i sacchetti di plastica per terra; l’ uomo con il cappotto dalle maniche troppo corte e il polso massiccio; l’ ufficio squallido e il funzionario che la interroga per verificare i requisiti per la cittadinanza…).

Senso di estraneità che Irene sente forte dentro di sé :
“ Con il suo sguardo su queste città, Irene aveva la sensazione di allontanare le persone che le erano care dalle loro città. Si sforzava di non tradire il suo senso di estraneità”, ( pag. 141).
Qua e là, irrompono- sempre nella veste della rappresentazione- la nostalgia
Irene fu presa dalla nostalgia. E allo stesso tempo non lo era. Era la condizione delle cose inanimate. Delle pietre e dell’ acqua. Dei treni merci, delle porte e degli ascensori in movimento.”( pag. 14);
“Che cosa doveva muoversi in testa per chiamarsi nostalgia. Le riflessioni erano asciutte. E le lacrime non arrivavano[…].Talvolta Irene aveva il sospetto di essere entrambe le cose: spiegazzata e stirata alla perfezione”. ( Pag. 80);
o la paura che il passato ritorni ( e con esso il Paese del dittatore il cui volto perseguita Irene) perfino attraverso la visione delle verdure di quel Paese che lei ritrova in un mercato e che teme di aver trasportato lei stessa “ nella sua testa”.

Irene ha trentacinque anni ( più o meno l’ età di Müller quando è arrivata a Berlino) , ma fa sua la frase “ Io non ero più giovane” di Cesare Pavese, riportata anche in esergo. Di Pavese è il libro che Franz ha sul comodino ( dunque un livre de chevet ) , “Il diavolo sulle colline” e lei sarà, dallo stesso Franz, definita “ la donna che viene dal mare”.
Romanzo complesso nella forma stilistica, che ricerca incessantemente forme nuove di rappresentazione delle condizioni di vita tragiche e soffocanti; una lettura che impegna il lettore a ricostruire e ad identificare nelle immagini ricorrenti quei legami narrativi ed emotivi lasciati volutamente slegati, come slegata è la vita dell’ esule.

Per concludere, a risposta di eventuali dubbi su questa attribuzione del Nobel, mi piace riportare un’ osservazione di Antonio Tabucchi, non su questa scrittrice, ma in generale  sulla narrativa dei Paesi dell’Est.

Interrogato sul tema in una trasmissione televisiva, Tabucchi (tra i papabili italiani per il Nobel) ha detto più o meno che l’Occidente è congelato: la narrativa dei Paesi dell’est è arrivata ed è stato come se due fiumi si incontrassero. Ma il fiume porta con sé la sua corrente.
Ecco, Herta Müller è arrivata con la forza di questa nuova corrente.

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17 risposte a ““In viaggio su una gamba sola”: le vite slegate (e gli echi pavesiani) di Herta Müller”

  1. Grazie dell’appassionata recensione, Renza. Sono in attesa di ricevere “Nel paese delle prugne verdi” che ho ordinato su Ibs : una mia amica l’ha letto e mi ha assicurato che è degno del Nobel. Lei è una delle poche che non ha detto ”Herta, chi?” solo che, essendo tedesca, l’ha letto nella sua lingua e non ha potuto prestarmelo.
    Saluti affettuosi!

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  2. Grazie, Silvana. Una mia amica germanista mi ha detto che il tedesco di Herta Müller è molto bello ( “vellutato” l’ ha definito Fenice, con un splendido aggettivo).
    In tedesco, ” Il Paese delle prugne verdi” ha un titolo “Herztier”, che suona più o meno come ” La bestia nel cuore”. La traduzione spagnola e quella italiana hanno puntato sulle prugne, mentre quella inglese ha tradotto alla lettera quello tedesco. Aspettiamo un tuo commento su questa scrittrice poco incline al consenso facile.
    Saluti affettuosi anche a te : ti spero più serena e tranquilla.

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  3. In questi giorni sto ri-leggendo (in tedesco, la mia madrelingua…) un libro della Müller che non mi è piaciuto 15 anni fa …
    Questa volta lo sto leggendo con grande attenzione. Ma direi una bugia se adesso scrivessi: oh che bello! La realtà è che faccio veramente fatica a farmelo piacere un po’ e ad andare avanti. E’ interessante, si, ed è sicuramente scritto in un tedesco molto colto, molto scelto. Ma definire questo tedesco molto bello e “vellutato”, no, mi dispiace. Lo trovo piuttosto freddo, freddo come il ghiaccio. Molto costruito, quasi artificioso, a tratti rasenta il presuntuoso. Spesso le frasi hanno solo 3, 4 o 5 parole. Non c’è un vero flusso narrativo ma una serie quasi infinita di immagini verbali, molto forti, ma spesso anche un po’ strambe e sconnesse tra di loro. Sembra che il “narratore” (se così vogliamo chiamarlo) sia senza fiato, affannato, trafelato. Resta compito del lettore costruirsi da una quantita di tasselli, come in un grande mosaico, situazioni e personaggi della storia.
    La Müller sarà una grande scrittrice, si sarà meritata il Nobel, non lo metto in dubbio; ma personalmente preferisco un altro tipo di letteratura. E non sto parlando del contenuto dei libri di Herta Müller (che sicuramente è importante visto gli argomenti che tratta), sto parlando esclusivamente del linguaggio e dello stile dell’unico suo libro che fino adesso ho preso in mano: “Der Fuchs war damals schon der Jäger“. Non è ancora uscito in italiano (credo). E leggendolo in tedesco spesso mi chiedo: Come sarà tradotta questa frase in italiano??? Non riesco proprio ad immaginarmelo.

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  4. Ok, l’ho finito. Cosa dire? Non mi piace. Il contenuto è molto forte, è vero. Peccato però che è scritto in quel tedesco strambo. Si, modifico il mio giudizio del post di prima. A libro finito non lo trovo più “un tedesco molto colto” – lo trovo un brutto tedesco, molto diseducativo (visto che ha vinto anche il Nobel e i giovani magari credono che è così che bisogna scrivere per essere “intellettuali”). La sintassi è spesso scorretta, le ripetizioni fastidiose, gli errori grammaticali avrebbero mandato su tutto le furie la mia maestra delle elementari… Secondo me il messaggio di questo libro (molto forte, ripeto) sarebbe arrivato meglio se la Müller avesse scritto in un tedesco “normale”, comprensibile per tutti, con meno esercizi di stile che a me, personalmente, danno fastidio.

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  5. Ciao, Helga. Naturalmente, i gusti non si discutono, anzi è interessante l’ incontro di giudizi diversi e non solo di consensi. Salto ovviamente tutto il discorso sulla lingua che non potrei affrontare, e vado subito alle riflessioni sulla poetica di Herta Müller. Mi è parso di capire che tutta la sua scrittura sia legata alla sua esperienza di vita, esule e perseguitata in Romania, appartenente ad una comunità estranea, piccola e chiusa, ma esule e straniera anche in Germania. Da questa esperienza, Herta Müller ha tratto tutta la materia della sua scrittura scegliendo, per precisa scelta poetica, una forma di narrazione franta, puntando sulla descrizione e sulla rappresentazione e non sulla narrazione diciamo “ naturalistica”. In un certo senso, la sua ricerca assomiglia a quei processi che nel ‘900 hanno portato la musica e la pittura a “ rompere” gli schemi conosciuti.
    Concordo con te che il lettore non abbia un rapporto facile con il suo stile e che debba continuamente annodare fili narrativi inespressi, tuttavia a me la sua scrittura ha lasciato tracce intense di immagini che sono rimaste molto vivide nella memoria. Pennellate di malinconie esistenziali o di squallore cosmico.
    Infine, una riflessione in un certo senso etica e non estetica. La materia di cui disponeva la Müller poteva essere abilmente tradotta in uno stile accattivante e “ facile” in romanzi destinati ad alte tirature. Dopo la caduta del Muro e del dittatore rumeno, racconti “narrativi” le avrebbero procurato successi allargati. Così hanno fatto altre scrittrici che hanno abilmente usato e sfruttato tragiche esperienze personali .
    Sarà moralismo, il mio, ma questa sua scelta impervia di una ricerca lessicale e stilistica non convenzionale mi fa guardare a lei con rispetto e attenzione.
    Segnalo qui, a chi volesse approfondire la sua conoscenza, un bellissimo articolo di Marino Freschi, noto germanista dell’ Università di Roma, che in passato ha animato anche i pomeriggi di Radio Tre.
    http://www.lamariadelporto.it/read_news.php?idNE=76

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  6. Cara Renza, mi fa piacere che trovi “interessante l’incontro di giudizi diversi e non solo di consensi”. Perché vedi, proprio questo “incontro” spesso mi manca nella discussione letteraria in Italia. E non parlo di questo blog ma anche della critica letteraria sui giornali, in tv e alla radio. Per farmi un’idea qualche volta guardo le “trasmissioni letterarie” sulla televisione tedesca, svizzera, austriaca, fracese… perché su quelle tv trovo anche 2 o 3 “critici” che si confrontano e discutono seriamente (e serenamente) la qualità di un libro, di un’autore, di uno stile etc.etc. Non vorrei sembrare arrogante, e forse il mio Italiano non basta per esprimere bene quello che vorrei dire. Ma qui in Italia la critica letteraria spesso assomiglia a pubblicità, molti “critici” sembrano pagati dall’ufficio marketing degli editori, parlano solo bene di un libro, ti dicono di comprare questo e anche quello. Raramente si vedono recensioni negative o controverse. I premi letterari in alcuni casi mi sembrano fatti esclusivamente per stimolare le vendite…Risultato (secondo me): anche molti lettori “semplici” (come me) non hanno il coraggio di stroncare un libro, o di dire “questo romanzo non mi è piaciuto, quello non l’ho capito.” Forse perché hanno paura di passare per ignoranti?
    Scusa (scusate) il lungo Off Thread!!
    Per tornare alla Müller: Nel post di sopra ho scritto solo di un suo libro. Non mi permetto di parlare della sua opera in generale. Certo, per il momento mi basta quello che ho letto, ma non escludo di leggere un altro romanzo di Herta Müller tra qualche mese.
    Soprattutto sarei molto curiosa di leggere altre opinioni (oltre alla tua e la mia) su i libri di questa autrice, opinioni di altre lettrici/altri lettori che scrivono su questo bellissimo blog – e non necessariamente di germanisti universitari.
    A presto!

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  7. Sono assolutamente d’accordo con Helga (COMPLIMENTI per “l’italiano scritto”!…Che INVIDIA vorrei scrivere in tedesco come tu scrivi in italiano…probabilmente in un’altra vita…c’è sempre speranza……) e come al solito leggo sempre attentamente le “recensioni” di SILVANA: scrivi “meravigliosamente” e in più hai un bagaglio culturale notevole …è un po’ che volevo scriverlo…RINGRAZIO QUESTO BLOG STUPENDO DI AMPLIARE I MIEI ORIZZONTI LETTERARI… E NON SOLO… ATTRAVERSO QUESTE PERSONE GENEROSE…

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  8. @ Milena : condivido pienamente la tua ammirazione per l’italiano di Helga, lessicalmente ricco e inappuntabile grammaticalmente. Piacerebbe anche a me parlare bene il tedesco, lingua che trovo straordinariamente poetica e dolce, diversamente dall’opinione comune. Sono curiosissima, ora, di leggere “Nel paese delle prugne verdi” perchè ho ricordato che l’amica berlinese che me lo ha consigliato non aveva apprezzato , anni fa, il romanzo di Gioconda Belli “La donna abitata” che le avevo prestato per “accelerare” l’apprendimento del suo italiano.
    Ti ringrazio per i complimenti….la prima cosa che ho pensato è : “Silvana, chi?” (ho un piccolo problema di disgrafia, pensa un po’).
    Un caro saluto 🙂

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  9. Questa discussione, pacata e ricca, come sempre su questo blog, mi attrae molto:ma non ho ancora letto Herta Muller, che leggerò solo in italiano (non per scelta ma per necessità, visto che non leggo il tedesco). Sono d’accordo con Helga sulla critica-marketing e per questo, pur continuando a leggere, schivo le recensioni di qualsiasi tipo e fonte e su qualsiasi supporto siano espresse.Sono una troglodita dell’informazione letteraria, mai uptodate, mai in grado di parlare di un libro di cui si parla al momento, se non quando mi ha attratto, sfogliandolo.

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  10. @Silvana: Vedo che la tua amica berlinese ed io abbiamo due gusti letterari completamente diversi. A lei piace lo stile della Müller, a me no. Lei non ha apprezzato “La donna abitata” della Belli, io invece lo ritengo un libro bellissimo, profondo, anche poetico. De gustibus…
    PS: E se oltre al thread “I libri più belli, letti nel 2009″ ci mettessimo anche uno dal titolo ” I libri più brutti, letti nel 2009″? (probabilmete non ci metterei il libro di Herta Müller, ci sono ben altri canditati… 😉 )

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  11. … dunque – lasciando stare la lingua (lingua diseducativa perché “scorretta”? Davvero?), ebene cosa in piace nella Muller? La dimensione della sperimentazione di scrittura come percezione “allargata”, onirica, della realtà? Il legame con i tentativi di “saturare” un luogo, un personaggio e di interrogarlo con mezzi non razionali, come Perec o il Calvino? Dunque: cosa non piace? Cosa – su diciamolo – dà profondo disagio nella lettura della Muller? Che si inoltra in territori disertati dalla “logica narrativa” o dalla “correttezza”?

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  12. … mamma mia quanti errori di battitura ho fatto nel commento precedente? Sigh! Il mio inconscio ha voluto essere scorrettissimo…

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  13. Provengo dalla stessa realtà politica della Müller e vivo e scrivo – trattando gli stessi argomenti – in Italia. Come Herta ho scelto di esprimermi nella lingua di adozione, nonostante il gap linguistico (il che ha richiesto, e richiede tuttora, una full immersion nella letteratura italiana). Perciò capisco la scelta dell’autrice di scrivere in una lingua che abbia più “risonanza” a livello internazionale, pur rischiando il tutto per tutto. Sono contenta e orgogliosa che una mia connazionale abbia vinto il Nobel per la letteratura, che nella lista dei nomi illustri della cultura romena si sia aggiunto anche quello di Herta Müller.
    Mi sono sentita in dovere di intervenire, spinta da due motivi. Il primo: leggo qui soltanto le rivendicazioni da parte dei rappresentanti del popolo tedesco di questa autrice. Il secondo, ed è quello che più fa male: in Italia vive, studia, lavora (e spero legge) una vasta comunità romena. Sono rimasta stupita che nessun romeno sia intervenuto nel dibattito letterario riguardante la Müller. Autrice, che, guarda caso – vedesi i casi Ionesco, Eliade e Cioran; questo solo per citare alcune delle sommità della cultura romena – ha abbandonato la lingua madre, consapevole che in seguito, in ambito letterario, avrebbe camminato “su una gamba sola”. E qui citerei, con mio dissappunto, un altro famosissimo scrittore romeno, Ion Creanga, che affermava: “Meglio il
    primo della classe nella provincia, che l’ultimo nella città”. È questa, purtroppo, la mentalità inculcata ai romeni – di non guardare oltre il proprio recinto, di vivere di riflessi propri. I casi soprannominati dimostrano il contrario. Ovvero che solo chi decide di scommettere su se stesso, chi ha la capacita di confrontarsi con il mondo può avere una chance di vincere. In questo, quindi in partenza, per me, sottolineo per me, Herta Müller è già vincente. Per aver avuto il coraggio e la forza di sradicarsi non solo fisicamente, ma soprattutto mentalmente dal pensiero circolare, avviluppato su se stesso tipicamente romeno.
    Avendo fatto questa introduzione, che mi sembrava necessaria dato il contesto di bivalenza dell’autrice, premetto di avere letto le opere della Müller in italiano. Quindi il mio giudizio letterario è pertinente alle pubblicazioni italiane. Sono reduce delle seguenti letture: In viaggio su una gamba sola, Il paese delle prugne verdi e Oggi avrei preferito non incontrarmi (sul comodino mi aspetta L’altalena del respiro). Il libro che qui è stato messo in discussione, In viaggio su una gamba sola, l’ho trovato, sinceramente, abbastanza arrido per i mei gusti, speculare e tortuoso. Alcune scene, immagini con effetto trainante nella lettura – punto di forza della scrittura della Müller – nell’ensemble non riescono a sostenere un filo narrativo vero e proprio. Le frasi brevi congiunte all’attenzione esagerata ai particolari non inerenti al discorso (una delle ossessioni della Müller, oserei dire) appesantiscono la lettura. Per me leggere questo libro è stato come per una parrucchiera pettinare dei bei capelli lisci, ma sotto pieni di nodi. Mi inceppavo in dettagli extrasensoriali, abbozzi di natura morta, oggetti che avrebbero voluto “parlare”, ma che rimanevano comunque muti di una descrizione “secca”, impersonale. Arido, è questo l’aggettivo che più si addice al romanzo In viaggio…
    Mentre per quello che riguarda gli altri due, trovo nella scelta lessicale e stilistica un’evoluzione necessaria. Pur non rinunciando al suo stile tagliente e diretto, H. M. viene incontro al lettore, abbinando sapientemente, in giuste dosi, la narrazione lineare con quello che le è più congenito, ovvero la vivisezione del particolare; un particolare che, questa volta, si attiene ai personaggi, fa da punto di sostegno ai loro stati d’animo, non essendo lasciati a penzolare come inutili brandelli (come nel caso de In viaggio…).
    Se dovessi consigliare uno dei tre libri letti, sicuramente opterei per Oggi avrei preferito non incontrarmi. Ma è pura questione di gusto.
    Buona lettura e “Desteapta-te romane!”, il che significa “svegliati, romeno!”, titolo del nostro inno nazionale.

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  14. Loredana, complimenti per il tuo italiano! La metafora della parrucchiera che pettina dei capelli lisci , trovando sotto dei nodi inaspettati, è molto efficace. Non ho capito però una cosa : la Muller, di famiglia tedesca, è nata nel Banato, regione di lingua tedesca, quindi non mi pare si possa dire che ha scelto di scrivere nella lingua del Paese di adozione : il tedesco è la sua lingua madre. O no? Auguri!

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  15. Dunque ho finito di rileggere questo romanzo per la seconda volta, in italiano, ho letto anche i diversi commenti che in parte concordo. io pur rileggendolo per la seconda volta ad un intervallo di tempo di quasi un anno, non sono riuscita a capire un granché.. si è difficile capire ed interpretare ciò che Herta ci vuole dire..tra l’altro a me serve per la tesi di laurea e lo devo analizzare da cima a fondo cosa non facile. quello che io ho capito in viaggio su una gamba sola che Herta non si sente ne tedesca ne rumena.

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  16. Ho letto …anzi ho cominciato un suo romanzo in viaggio verso l’Olanda. L’impiegata della biblioteca mi aveva detto : Conoscendoti, non ti piacerà!
    Sono appunto rimasta senza lettura in aereo, perché non riuscivo ad andare avanti. Intorno a pag 15 ho scoperto che il protagonista non era una ragazza, come avevo creduto…
    Nonostante abbia cercato i suoi titoli su Internet, non riesco a ricordare di che opera si trattasse.
    Insomma, difficilmente riprenderò in mano qualcosa di suo!

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