Sono più preziosi i libri che abbiamo già letto o quelli che leggeremo?
Domanda un po’ forzata, certo.
In effetti, molti (tutti forse) dei libri che leggeremo sono figli di quelli che abbiamo già letto; e li leggeremo perché prima ne abbiamo letti altri che ci hanno condotto ai nuovi.
Però, se accettiamo la sfida, da questa domanda forse possiamo ricavare qualche spunto.
Per esempio, riguardo l’atteggiamento dei lettori.
Apertura verso autori, gusti, temi, stili, linguaggi, generi, interpretazioni non ancora praticati, scetticismo, laicità nella lettura, quando il lettore giudica più importante quel che ancora non ha letto.
Chiusura, supponenza, rifiuto di autori e generi, ricerca di conferme di quel che già si sa, delle convinzioni, dei gusti. Rifiuto dell’imprevisto, del rischio di rimettere in gioco una vita di letture, quando il lettore giudica più importante quel che ha già letto.
Eh, ditemi che in qualche gruppo di lettura o in qualche discussione fra lettori davanti a un caffè non avete individuato il super lettore legato alla fede in quel che ha già letto invece che alla fiducia in quel che leggerà? Che dimostra fastidio ad ascoltare altri che parlano di autori che lui non ha letto, che porta sempre il suo discorso su quel che ha letto, che non fa domande…
Del resto, tutto ciò ha a che fare con quel che han detto un sacco di pensatori, dalla saggezza di chi sa di non sapere fino all’antibiblioteca di Umberto Eco con la quale Nassim Taleb apre il suo Cigno nero per tratteggiare la figura dell’empirista scettico (lo cito solo perché lo sto leggendo, ce ne saranno decine di autori che la pensano così, ovviamente).
Ma direi che è anche una questione estetica, e di fiducia nel futuro e nella vita non solo di disponibilità a “rivedere l’idea stessa di conoscenza” .
Lascia un commento