
Emanuel Ringelblum è il personaggio centrale di Who Will Write Our History (Penguin), un libro dello storico americano Samuel Kassow che ricostruisce la storia di “Oneg Shabbat”, il gruppo di ebrei che raccolse decine di migliaia di lettere, fogli di diario, fotografie, poesie, disegni, canzoni per documentare la vita degli ebrei polacchi durante l’occupazione nazista.
L’archivio si salvò dalla distruzione del ghetto di Varsavia
perché i documenti (ne sono rimasti solo 35mila) furono nascosti in bottiglie per il latte e scatole di latta. E l’unico sopravvissuto del gruppo “Oneg Shabbat” contribuì al ritrovamento, dopo la guerra, la preziosa raccolta.

Emanuel Ringelblum avviò la raccolta dei documenti, organizzò l’archivio, aggiunse decine e decine di note personali sulla vita nel ghettto e venne infine ucciso a Varsavia nel 1944.
Who Will Write Our History ricostruisce la straordinaria storia di questo archivio, dell’uomo che lo volle a tutti i costi: perché credeva nella forza della parola, per non lasciare che la storia di milioni di bambini, donne e uomini fosse scritta dai carnefici.
Sul libro di Kassow, una recensione dell’Economist.
Un saggio di Alberto Nirenstajn, edito nel 1958 da Einaudi,”Ricorda cosa ti ha fatto Amalek”, riporta alcune pagine dagli appunti di Ringelblum. Sono scene di vita , il precipitare della quotidianità da dramma in tragedia, sono storielle in cui il proverbiale umorismo aiuta a resistere, sono la cronistoria di provvedimenti “amministrativi” puntuali ed inesorabili nel costruire l’annientamento di persone. Molto interessanti e scritti con stile contenuto, sotto le righe.
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“Sepolti a Varsavia” edito agli inizi di quest’anno dall’editore Castelvecchi, raccoglie i principali appunti di Emmanuel Ringelblum sull’annientamento giorno per giorno degli ebrei di Varsavia. C’è qualcuno che afferma il “riduzionismo” e addirittura il “negazionismo”: porti delle prove contrarie alle cronache di Rigalblum, se ne è capace. Se no stia zitto e per sempre.
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