Alfonso Berardinelli, su “Domenica” del Sole 24 ore del 12 ottobre, ci fa una sintesi dello statuto della critica letteraria oggi, e ci ricorda come essa sia passata dallo strutturalismo, che svalutava i lettori ingenui e pretendeva di trasformarli tutti in specialisti, a Calvino che sosteneva che l’esperienza del leggere non potesse diventare scienza.
Così la critica letteraria si è avvicinata al “common reader”, ha ricominciato a raccontare che cosa è stata, per chi ha letto, l’esperienza di leggere quel preciso libro in circostanze precise.
Berardinelli ci dice quindi che la critica oggi è uscita dai laboratori d’avanguardia per occuparsi del senso comune e non disprezza più l’autobiografia intellettuale.
La critica non è altro che un’intensificazione dell’esperienza di lettura e una conversazione intensificata intorno al significato e al valore dei libri.
Insomma, viene da dire: non è anche quel che si fa, che facciamo, sui blog di discussione attorno alle letture, e nei Gruppi di lettura, e magari anche nelle conversazioni con gli amici? Il lettore comune è anche il critico dunque?
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