Non è un paese per vecchi, perché i Coen ci hanno rubato Bell?

Non è un paese per vecchi, il film dei fratelli Coen tratto dal romanzo di Cormac McCarthy mi è sembrato senza il calore di McCarthy.
La sceneggiatura dei Coen è troppo ripulita dalla personalità dello sceriffo Bell, di qui forse  il senso di freddo che mi ha lasciato il film.
Nel romanzo di McCarthy c’è già tutto quello che hanno messo i Coen, persino le immagini.
Però si nota quello che i Coen non hanno messo nel film: per esempio quasi tutti pensieri dello sceriffo Bell (in corsivo nel romanzo). Pensieri che danno al romanzo il tono e il registro tipico degli altri romanzi di McCarthy: la riflessione sul male, sulle difficoltà, sulla violenza, sugli affetti, sugli sforzi per migliorare, per chiedersi dove si è sbagliato.
Il McCarthy che i lettori affezionati amano, si sente nel film solo quando Bell va a trovare Ellis e quando racconta alla moglie i due sogni, nell’ultima scena. In alcune scene il film mi ha dato addirittura l’impressione di un esercizio stilistico; una prova di come si può adattare un romanzo semplicemente sottraendone delle parti, senza sentire il dovere di reintepretarlo. Manca in questo film il personaggio con il peso e il ruolo della poliziotta incinta Marge Gunderson di Fargo. O meglio, c’è, ma a differenza di Marge, Bell è sacrificato, ci manca il suo sguardo semplice, disincantato ma sofferto e “morale”, sul male.
Credo che Fargo resti il miglior film dei Coen. E credo che Nella valle di Elah resti il miglior film della stagione, che ha come protagonista Tommy Lee Jones, che interpreta Bell in Non è un paese…

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7 risposte a “Non è un paese per vecchi, perché i Coen ci hanno rubato Bell?”

  1. il film mi è piaciuto e credo proprio che mi leggerò anche il romanzo..

    per quanto riguarda le omissioni, beh ci son sempre dei lati negativi nelle trasposizioni dalla letteratura alla cinematografia (se posso chiamarla così) e spesso mi ritrovo a dover constatare che omettono le riflessioni, che alla fine rendono il libro appassionante (secondo me) ma magari alimenterebbero la critica solo perchè son contro il perbenismo e sicuramente una giuria da Oscar rimarrebbe allibita (anche per questo non sto tanto a guardare i premi oscar ma vabè..)

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  2. Sono daccordo con te luiginter. Del romanzo di cormac i coen hanno scelto soprattutto l’aspetto della caccia e della violenza – tante volte assurda, fine a se stessa. Sulle riflessioni spesso amare sulla vita del vecchio sceriffo e sui cambiamenti epocali che gli usa vivevano in quegli anni hanno glissato con troppa disinvoltura. Temi troppo poco hollywoodiani forse.
    Peccato, mi aspettavo molto di più.

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  3. Neanche a me è piaciuto, concordo: il libro ha il punto di vista dello sceriffo, che nel film manca. Un altro parere controcorrente rispetto alle lodi generali l’ho letto sul sito di uno degli sceneggiatori di Dylan Dog, Michele Medda. Dire che il film non gli è piaciuto è un eufemismo… 🙂

    Andrea

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  4. Non ho letto il romanzo. Il film l’ho trovato bellissimo ed inquietante. Javier Bardem mette molta più paura di Hannibal Lecter ed è molto più credibile, reale.

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  5. […] Credo che Nella valle di Elah resti il miglior film della stagione… […]

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  6. E’ anche vero che girare un film all’altezza di un libro di Mc Carthy è impresa titanica e forse impossibile. Il film è certamente di valore, ma il libro è del più grande scrittore vivente, un genio. Rappresentare la genialità non sarebbe stato facile per nessuno

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