Nonostante il caldo torrido di luglio il gruppo di lettura di Reggio Emilia “UNA PAGINA A CASO” si è incontrato ancora una volta, per condividere Il dolore perfetto di Ugo Ricciarelli, romanzo che ha favorevolmente coinvolto tutti, cosa che non sempre accade.
Sono più di 300 pagine, ma, se lo cominci, lo leggi d’un fiato, non per sapere come va a finire, ma perché la scrittura ti appassiona, ti dà delle emozioni, facendoti entrare dentro un secolo di storia, dalla battaglia di Adua al secondo dopoguerra. Gli eventi storici sono tanti… Adua , Bava Beccaris, la prima e seconda guerra mondiale e in mezzo il fascismo, l’epidemia di spagnola, ma tutto si coglie per i riflessi che questi hanno sulla vita comune dei personaggi di due famiglie così diverse tra loro, quella del Maestro anarchico che viene dal sud, al Colle, un luogo non ben definito della Toscana,reale e fiabesco insieme, e quella di Ulisse, commerciante di maiali, che , nonostante i nomi degli eroi omerici,non hanno nulla di eroico.
Anche i nomi hanno il loro peso e allora i figli del Maestro si chiamano Ideale, Libertà, Mikhail, Cafiero, nella famiglia Bertorelli invece ironicamente i nomi, oltre ad Ulisse sono Telemaco, Enea, Oreste…
Riccarelli fa rivivere la provincia italiana con un tocco di realismo magico, quasi da scrittore sudamericano e tanti personaggi delle due famiglie, costretti ad entrare nella storia e a pagare con la vita…tante vite…tante morti..troppe, ma questo è il “rotolare della vita”, fatta di nascite e morti, matrimoni e tradimenti, guerre, carneficine.
e cose cambiano, cambiano le stagioni e tutto torna e forse pensare di sfuggire a questo rotolare è cosa ingenua, debole luce che contro il tempo non vale.
Tanti eventi e tanti luoghi oltre al Colle, Sapri, la Svizzera e la Francia degli incontri anarchici, Adua, Milano, Stalingrado e un generico, favoloso, simbolico Oriente, in cui fugge Sole, figlio così diverso dal padre Ulisse, simile invece alla madre Rosa, che anche lei un giorno se ne va dalla ricca casa del Prataio con il medico dei balocchi e non tornerà mai più.
E la bellissima figura dell’Annina, figlia di Ulisse e della Rosa, che sposa Cafiero, l’ultimo figlio del Maestro e della vedova Bertoli., elemento di unione tra le due famiglie
pareva viaggiasse leggera tra questi due mondi distinti senza contrapporsi, senza afferrare la frattura che si apriva dentro una tranquillità che solo lei viveva
Tanti personaggi, tante storie e il tema ricorrente del dolore Perfetto, ritornello dolente per 19 volte, dolore interiore più che fisico, dolore formativo, utile per affrontare la vita
Le cose son cose, hanno una vita loro, hanno forme, pensieri,età e persino colore. Siamo noi a dividere, a costruire barriere ad alzare, abbassare a dire che è PERFETTO.
Perfetto perché reale, strumento di conoscenza- in senso gaddiano- di noi stessi, degli altri, del mondo. Perfetto perché avvolgente come l’amore, la nascita, la morte.
Il dolore perfetto del maestro per le ingiustizie del mondo.
Il dolore perfetto di Annina quando scopre l’abisso tra i due mondi della Rosa e di Ulisse,due facce del mondo, materia e astrazione.merda e ragione con cui siamo fatti.
Il dolore di Rosa che paragona la violenza sul maiale scannato al rovistare di Ulisse neomarito sul suo corpo
Il dolore assoluto e perfetto, che colpisce nel profondo del petto Bartolo ad Adua, mentre con altre centinaia come lui si avviava all’attacco, nella consapevolezza di essere carne da macello.
Il dolore assoluto del Maestro a Milano “davanti a quella gran moltitudine di gente offesa decisa a far valere la propria dignità” prima che Bava Beccarsi la prenda a cannonate.
Il dolore profondo e perfetto di Annina che desidera così tanto Cafiero come non lo aveva mai provato , o quello sordo e perfetto di Annina, mentre portano via Cafiero, per seppellirlo. E così via per 19 volte.
E l’altro ritornello del profumo di viole che accompagna nascite e morti e in particolare la nascita di Sole e di Annina.
E quel participio aggettivato che ricorre più volte-di pirandelliana memoria- SCONCIATO: Ulisse sempre più sconciato dalla vita che si impicca con gli intestini della scrofa, o i soldati sconciati, mandati al macello della prima guerra mondiale o Telemaco vecchio sempre più sconciato dopo avere assaporato il potere e la ricchezza nel contesto del fascismo…
E il senso di disfacimento della morte, del diventare polvere e l’innamoramento che ci scioglie e ci colora e ci inzuppa come ciambelle nel latte.C’è questo amore, ma c’è anche l’amare inconsulto e animale, il sangue che muove il mondo.
E la magia della parola capace di lenire perfino il dolore del parto:la dolcezza, le carezze, le parole di miele di Maddalena che fa partorire Rosa:
la fasciò di parole in rima, di verbi lunghi e strani che si baciavano con aggettivi caldi come braccia di madre. La circondò di strofe, onde che pareva scendessero dall’alto e cadessero sul corpo disteso della Rosa come fa il mare quando gioca; e poi petali di viole, tante parole di viola che la coprirono con il loro profumo fino a pungerle il naso.
Il tutto narrato con una prosa ricca di metafore, evocativa, musicale, malinconica, lirica, che ha il colore un po’ anticato del tempo della storia, ma che non disturba: è la magia della scrittura, leggera e intensa al tempo stesso, che trasforma un romanzo che di per sé, per l’intreccio così denso di eventi drammatici ,potrebbe scadere nel romanzo storico tradizionale.
Penso a Calvino che auspica la leggerezza della scrittura di fronte alla pesantezza, all’inerzia e all’opacità di un mondo che va sempre più verso una lenta pietrificazione.
Qualcuno di voi ha letto questo romanzo, che ha vinto il premio Strega qualche anno fa?
Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate.
Queste brevi considerazioni vorrebbero… per qualcuno… essere un invito alla lettura!
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