Pasticciando fra scaffali ho ritrovato una copia di Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes. (Sì anche io a volte ho l’impressione di ri-scoprire l’acqua calda, ma fa niente, non me ne vergogno).
Una copia comprata nel 1979 e solo sfogliata e presto, allora, abbandonata. Probabimente non mi interessava, ancora più probabile che non ci capissi nulla.
Ora però questo incontro casuale mi ha rivelato quello che mi pare un libro straordinario. Parole esperte mi dicono che sia il più “popolare” fra i libri di Barthes, come se fosse una colpa. Ovviamente, invece, è un grande pregio.
E’ un libro composto di figure, come le chiama Barthes. Non in senso retorico, “ma in senso ginnico o coreografico”. L’innamorato, dice Barthes,
si dimena in uno sport un po’ pazzo, si prodiga, proprio come l’atleta, fraseggia come l’oratore; è cristallizzato, siderato in un ruolo, come una statua. La figura è l’innamorato al lavoro.
Le figure sono i frammenti di un discorso dell’innamorato. E’ un libro dunque su quel che dice l’innamorato, non un libro sull’amore.
Questi frammenti non si integrano a un livello superiore, il discorso dell’innamorato è un discorso orizzontale:
nessuna trascendenza, nessuna salvezza, nessun romanzo (ma molto di romanzesco). Naturalmente, ogni episodio amoroso può essere dotato d’un senso: esso nasce, si sviluppa e muore: segue cioè una strada che può sempre essere interpretata come una causalità o una finalità, sia pure per moralizzare (“Ero pazzo e sono guarito”; “l’amore è un’illusione da cui d’ora in poi mi saprò guardare”, ecc.): è la storia d’amore, asservita al grande Altro narrativo, all’opinione generale che sminuisce qualsiasi forza eccessiva e vuole che lo stesso soggetto riduca il grande flusso immaginario, che lo ha attraversato senza ordine e senza fine, a una crisi dolora, morbosa, da cui bisogna guarire […]: la storia d’amore (l’”avventura”) è il tributo che l’innamorato deve pagare al mondo per riconciliarsi con esso.
Invece
tutt’altra cosa è il discorso, il soliloquio, l’a parte, che accompagna questa storia senza mai conoscerla. Il principio stesso di questo discorso (e del testo che lo rappresenta) è che le sue figure non possono disporsi: ordinarsi, progredire, concorrere a un fine (a una sistemazione): tra le verie figure, non ce ne sono di prime e di ultime.
Insomma, nessuna storia d’amore. Per comporre questo discorso “orizzontale”, Barthes ha montato pezzi di origine diversa: Il Werther di Goethe ma anche Platone e tanto Zen e suggerimenti derivati da osservazioni di amici, oltre a una lista assai lunga di autori /Freud, Lacan, Balzac, Musil, Flaubert, Nietzsche, Proust, Gide, Laclos, Reik…
Fra le “figure” – in ordine alfabetico – cito Atopos (sull’inclassificabilità e l’originalità sempre imprevedibile dell’amata/o), Colpe, Scrivere.
Secondo me, un libro indispensabile per chiunque sia, sia stato, sarà (spera di esserlo prima o poi) innamorato.
un abbraccio
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